A place of memory… Punta Grò
Filippo Gavazzoni dedicates an interesting article (in Italian only) to the Casa del Pescatore of Punta Grò with some precious testimonies that the Vice President of the Community of Garda collected during a meeting with some fishermen who still carry out their activity today in Sirmione and Desenzano.
Stories that tell of a community united in work and technological innovations that over the years have changed the practices but not the charm of this ancient activity.
Volete conoscere qualcosa della pesca e dell’habitat che non si legge sui libri? Vi piacerebbe comprendere cosa ha significato davvero la pesca per il Garda e le genti gardesane? Basta sedersi ad ascoltare qualche “vecchio” pescatore, magari di seconda o terza generazione… e la storia è servita!
Anche i luoghi hanno una storia da raccontare e se c’è un posto della “memoria” per la pesca sul Lago di Garda… quel posto, a mio parere, è Punta Grò.
Ce ne sarebbe da dire a riguardo… perché ogni paese sul Garda ha in effetti una storia da raccontare. A Punta Grò comunque c’è questa piccola casetta, costruita in una zona di “magra”, ovvero di basso fondale roccioso, dove si incrociavano caratteristiche tali da rendere questo tratto di lago pescosissimo.
In questa casetta (in foto) si sono avvicendati vari pescatori, ci dormivano anche durante le battute di pesca notturne, per essere sempre pronti a svuotare più volte i cogoli e le reti quando troppo piene.
Qui prelevavano il pesce, lo mettevano in viva nelle vasche, costruite nel canaletto adiacente, oppure in una vasca a lago, poco distante.
Si riconosce ancora oggi, nello specchio d’acqua davanti la casa, una decadente ma fitta rete di pali conficcati in acqua, memoria di un sistema di pesca oggi in abbandono.
Insomma questo era un vero cuore pulsante della pesca gardesana, soprattutto per le Alborelle e le Anguille che, nei giorni buoni, potevano essere catturate a decine di quintali alla volta.
Pochi giorni fa ho avuto la fortuna di partecipare ad un incontro tra pescatori bresciani e veronesi proprio qui, a Punta Grò. Sono usciti, in quell’occasione, racconti di ogni tipo, sprazzi della vita gardesana di un tempo passato… racconti dei loro padri e dei loro nonni. Cose che oggi faremo fatica anche solo ad immaginare.
Avrei da scrivere un libro ormai, tra storia, tradizioni, speranze, dati scientifici e biologici del Lago di Garda; ma oggi mi fermo ad un racconto, semplice, di poche righe. Tra queste foto vi è una vasca, un paròl, che sembra un incrocio tra un camino ed un pozzo se ci fate caso. Era un bollitore per le reti.
Al suo interno infatti si bollivano le reti di cotone, insieme alle bucce di castagna, per rinforzarle e rallentarne il degrado. Una bollitura di circa un’ora, a cui seguiva una asciugatura, che prevedeva la necessità di stendere queste reti al sole, srotolandole per la loro intera lunghezza.
Sembra cosa da poco? Abbiate allora pazienza di leggere questo breve racconto e capirete cosa significava fare il pescatore prima dell’avvento del nylon… che sostituì il cotone.
Tra i pescatori presenti a Punta Grò c’era anche il sig. Cavallaro, storico pescatore di Desenzano.
Da giovane, essendo figlio d’arte diciamo, fece in tempo a pescare con le reti di cotone e mi raccontava che, per la bollitura della rete, a Desenzano i pescatori dovevano salire fino al castello, dove c’era una grande vasca per questo. Arrivavano ancora prima dell’alba con le barche piene di reti, pesantissime tra l’altro, pensate quando erano bagnate cosa potevano pesare, insieme ad una barca piena di legna, per il fuoco…
Sbarcate le reti al porto di Desenzano, alcune lunghe anche 200 metri e alte 50, arrotolate a formare lunghi cilindri, venivano caricate a spalla come fossero un “biscione” e trasportate come in una processione tra le vie del paese, fino su al castello. Poi si accendeva il fuoco sotto la vasca e via con la bollitura, per poi stendere, asciugare, ripiegare e riportare il tutto alle barche. Questo era un lavoro che andava fatto ogni due o tre usi della rete… il cotone infatti tendeva a deteriorarsi in fretta. La pesca era proprio un lavoro di partecipazione, la comunità, la famiglia, la gente vi partecipava perché, oltre all’atto in barca, come vedete, prevedeva molte azioni preparatorie e di manutenzione. A Garda addirittura vi era un coro, un coro di pescatori, che raggiunse anche i 60 elementi… perché, nonostante il duro lavoro, la vita non certo facile e la miseria, si cantava e si cantava sempre il Lago e la sua bellezza […].
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