I Longobardi e il Medioevo
Un periodo di grande rilievo nella storia di Sirmione fu quello della dominazione longobarda. Questa popolazione, proveniente dall’Europa del nord, dilagò nel 568 d. C. dal Friuli lungo l’asse stradale est-ovest verso Verona, Brescia, Bergamo, Milano e da lì scese verso Pavia. La penisola, stremata dalla guerra gotico-bizantina e dalla peste, non oppose resistenza all’ avanzata dei nuovi invasori che si impadronirono di tutta l’Italia settentrionale eleggendo Pavia come loro capitale.
All’interno del territorio conquistato, Sirmione occupava una posizione strategica, in quanto controllava la strada da Verona a Brescia e la via verso la val d’Adige. La sua importanza è testimoniata dal fatto che in questo periodo diventò capoluogo della judiciaria sermionensis, un’ampia zona che dalla Valtenesi si estendeva sino alla sponda orientale del lago e arrivava a sud fino a san Martino di Gusnago, frazione di Ceresara in provincia di Mantova, oltre a comprendere a nord la piana di Riva.
Alcuni documenti forniscono notizie su tre chiese esistenti nella penisola in età longobarda, nella seconda metà dell’VIII secolo: san Martino, san Vito e san Pietro in Mavinas.
Chiesa di San Martino
La prima di queste, dedicata a san Martino, coincide forse con l’attuale chiesa parrocchiale di santa Maria Maggiore, che l’avrebbe rimpiazzata dopo la sua demolizione. L’edificio, che risale alla fine del XV secolo, presenta una pianta rettangolare con abside poligonale ed è orientata sull’asse est-ovest. Il lato nord poggia sui resti delle fortificazioni medievali. L’interno è a una sola navata suddivisa da tre arconi, con pareti decorate da affreschi risalenti ai primi anni del ‘500, ad esclusione di quelli sul fondo della parete nord che appartengono ad un periodo anteriore. L’altare maggiore, posto nell’abside, è stato intagliato in marmi pregiati.
Chiesa dei santi Vito e Modesto
La chiesa dei santi Vito e Modesto, tuttora esistente, non coincide con l’antico edificio dell’VIII secolo, che venne abbattuto nel 1744 e ricostruito. Si tratta di una cappellina posta all’interno di una tenuta a circa due chilometri dal castello. Attualmente vi si officia in occasione della festa dei due Santi, che cade il 15 giugno.
Chiesetta di san Pietro in Mavino
La chiesetta di san Pietro in Mavino, appartata dall’abitato, sorge sull’omonima collina, cui forse fa riferimento il misterioso toponimo: in summas vineas, cioè fra le vigne situate più in alto. L’ edificio è stato rimaneggiato nei secoli, così da renderne difficile la cronologia: un mattone murato a fianco del portale reca la data 1320, anno del restauro dell’edificio e gli affreschi appartengono a quattro epoche diverse, delle quali due anteriori a questa data e l’ultima databile al 1525.
La chiesetta, orientata sull’asse est-ovest, presenta una pianta rettangolare che nella zona absidale si restringe a causa di una deviazione del muro settentrionale. Nell’area del presbiterio vi sono tre absidi, una centrale più grande e due ai lati più piccole. Il soffitto è costituito da grosse travi in legno. Sul lato sinistro dell’altare maggiore si trova un’altra porta verso l’esterno. Sul medesimo lato, all’esterno, sorge il campanile, alto circa m. 17, al quale si accede dall’interno. Lontana dall’abitato, divenne forse lazzaretto e cimitero degli appestati che non potevano essere sepolti nella chiesa parrocchiale e nell’adiacente cimitero.
Chiesa di San Salvatore
Rimane inoltre traccia di una quarta chiesa longobarda, quella di san Salvatore, ormai da secoli quasi totalmente scomparsa, della quale si può scorgere una parte dell’abside all’inizio del vialetto che si inoltra nel parco pubblico.
L’edificio, costruito dopo il 760 dalla regina Ansa, moglie di Desiderio ultimo re dei Longobardi, faceva parte di un piccolo complesso monastico femminile dipendente dall’omonimo monastero di Brescia, denominato santa Giulia a partire dal IX secolo. Da questo antico edificio provengono i reperti conservati nel castello, tra i quali due frammenti di ciborio recanti i nomi di Desiderio e e di suo figlio Adelchi.
L’antica Necropoli
La presenza dei Longobardi a Sirmione, sin dai primi anni del loro insediamento in Italia, non è attestata solo dagli edifici di culto. A partire dal 1914 sono stati effettuati rinvenimenti di tombe nella zona tra la strada delle “Grotte”, il “Lido delle Bionde” e via Piana, che testimoniano l’esistenza di un’antica necropoli situata in questa zona. In base alla tipologia degli oggetti ritrovati (coltelli, punte di lancia, pettini) si ritiene fosse utilizzata già nel primo periodo dell’insediamento di questo popolo che ha lasciato traccia anche nella toponomastica sirmionese: il nome del “Lido delle Bionde”, deriva infatti da biunda, vale a dire “luogo recintato “.
La caduta del regno longobardo
Nel 774 il regno longobardo cadde ad opera di Carlo Magno, re dei Franchi. Sirmione risentì di questo cambiamento: il borgo fortificato e il piccolo monastero di san Salvatore furono ceduti da Carlo al convento di san Martino di Tours per finanziare la vestizione dei monaci. Sirmione perse dunque la sua importanza amministrativa, scomparve come distretto e insieme alla zona circostante si avviò a diventare un piccolo centro fortificato del territorio di Verona.
Più tardi, Sirmione si costituì comune e rimase autonoma, direttamente dipendente dal potere centrale imperiale, come dimostra un documento del 1220 con il quale l’imperatore Federico II conferma ai suoi abitanti i privilegi imperiali che avevano precedentemente ricevuto, tra i quali il diritto di pesca su tutto il lago.